Al sicuro, almeno per un po’.

Al sicuro, almeno per un po’.

Mascherine bianche premute contro il volto dagli elastici, a proteggere le nostre aperture, avide d’aria. Respiriamo continuamente, è un rischio: qualcosa potrebbe introdursi in noi, qualcosa potrebbe filtrare e raggiungere le nostre profondità, i nostri meccanismi ed incepparli, infettarli, impedire il loro corretto funzionamento, il loro delicatissimo lavoro. Qualcosa di alieno potrebbe contaminarci, renderci d’un tratto diversi e capaci a nostra volta di rendere diversi, quindi da isolare, da evitare, respingere. La morte arriva sotto forma di un invisibile, per questo ancora più temibile, filamento di RNA.

Ci proteggiamo, ci copriamo, ci informiamo. Se ci riusciamo il premio è la sicurezza: possiamo allora riprendere tranquillamente a fare ciò che facciamo di solito. Se la minaccia passa, se il nemico è battuto, allora noi, i vincitori, abbiamo in premio la nostra vita, quella che vogliamo, che abbiamo scelto e per la quale abbiamo lottato con tanta fatica. Quella che va nella direzione, magari lentamente e faticosamente, che abbiamo scelto per lei, per noi.

Invece, non è vero. Probabilmente non è una minaccia così terribile quella che giunge da Oriente e sicuramente una volta al sicuro da questa non siamo al sicuro per niente. La mortalità, in tutte le sue forme, è sempre con noi, perché è parte di noi, è parte della vita. Realtà è ciò che muta: tutto ciò che esiste, per il solo fatto di esistere, muta.

Conosciamo il rischio di essere schiuma sulle onde dell’accadere e facciamo della nostra vita ciò che davvero, intimamente, desideriamo. Consci dell’urgenza data dalle caratteristiche che alla vita stessa appartengono. Ci riusciremo?

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