7Domande: Lubjan

7Domande: Lubjan

Alle nostre sette domande sta per rispondere un’artista di prima grandezza, una voce straordinaria, alle prese con ciò che sta accadendo alla nostra società, esattamente come sta accadendo per molti altri suoi colleghi. La cultura è in stato di grande sofferenza: c’è bisogno di una rapida presa di coscienza da parte della popolazione.

In qualche modo, la pandemia, ci ha ricondotti alla paura del non riuscire a soddisfare i nostri bisogni primari, come il cibo e la sicurezza. È però altro che ci caratterizza fino in fondo come esseri umani, come cittadini: la cultura è parte fondamentale, irrinunciabile del nostro vivere. Rendercene conto è esattamente il primo passo del percorso che porta a proteggerla, compito che siamo chiamati oggi ad assolvere con ogni mezzo in nostro possesso. Ringraziamo Lubjan e le auguriamo il meglio.

1. Lubjan, prima di tutto grazie di avere accettato di essere intervistata. Iniziamo con una domanda diretta e precisa: quando è cominciato il suo amore per la musica? C’è un episodio in particolare che ricorda come fondamentale in questo senso?

Il mio amore per la musica nasce molto presto, in una fase della mia infanzia complicata e complessa fatta di abbandoni ed emarginazione, paure e ribellioni… la musica era un nascondiglio segreto e fedele fatto piuttosto di consolazione, abbracci immaginati, paesaggi dai colori caldi e rassicuranti.

2. Ciò che colpisce immediatamente della sua voce è il suo essere trasparente, non si avvertono forzature, sembra un diretto riflesso di ciò che ha dentro. Quanto c’è di tecnica appresa e quanto è semplicemente ciò che sente di fare?

Ho sempre pensato che la verità nella musica fosse collegata alla verità che ricerchiamo in noi stessi… il mio manifesto per molto tempo è stato “canta come parli” senza voler imitare per forza qualcuno che già c’è.. credo sia un modo per trovare la propria personalità… La tecnica vocale si studia è importante per la padronanza del proprio strumento ma non può esistere da sola, perchè rimane fredda e non può comunicare le energie più profonde che curano l’anima nostra e di chi accoglie…

3. Ricorda la sua prima esperienza live? Le va di raccontarci qualcosa a proposito?

La mia prima esperienza live : avevo 17 anni mi chiamarono a cantare nell’auditorium della scuola per sostituire una persona influenzata. Io nascevo come chitarrista e dunque mi trovai impreparata a dover cantare ma mi ritennero l’unica in grado di provarci.. Ho un ricordo spiritoso e buffo della scena… nella mia emozione e nel senso più grande di inadeguatezza provata… ricevetti una standing ovation e da quel giorno cominciai ad immaginare la mia vita nella musica e mi dedicai allo studio e alla scrittura. Devo ringraziare molto Mauro Filippini il mio prof. di inglese che mi incoraggiò a suo tempo raccontandomi che molti avevano realizzato un sogno vivendo di musica. Quella diventò la mia missione.

4. Su YouTube si possono vedere svariati filmati che la mostrano in strada, sola con la sua chitarra e la sua musica. Che cosa significa per Lubjan essere tra la gente, nelle vesti dell’artista di strada?

L’arte di strada, scoperta circa 9 anni fa a Sorrento, è diventata la forma di espressione musicale che preferisco… è uno stile di vita… è un pane quotidiano. Da quando ho abbracciato questa attività mi sono resa conto che era la dimensione che cercavo, per reinventarmi sempre, per essere libera, lontana da vincoli, restrizioni, condizioni che spesso vengono imposte o proposte da altri contesti per suonare. L’arte di strada è la mia più grande libertà. L’arte di strada è un salto nel buio dove si creano sempre, sempre, situazioni straordinarie. E’ una magia… una terapia… una soluzione.

5. Adesso, tutto ciò che prima era perfino banale, come stringere la mano a qualcuno, è soltanto un ricordo. Che cosa rappresenta per lei questa privazione? Come ha vissuto i primi tempi e come la sta vivendo ora?

Ho sofferto molto in questa chiusura nell’emergenza Covid. E’ stato complicato non sapere più dove attingere energie per portare il solito sorriso di speranza ai miei figli rientrando dalla porta… sicuramente hanno visto una mamma provata anche perché non suonava più come prima… tra la gente… tra le famiglie a passeggio, tra gli anziani saggi e curiosi… Io non sono una persona troppo fisica riguardo ad abbracci, baci, contatto… non ne ho ricevuti molti da piccola… vengo da una famiglia complessa sotto quell’aspetto e mi dispiace molto… ma accetto che sia così cercando di trovare sempre nuove forme di amore per i miei figli… lascio spesso siano loro a ricordarmi che può esistere questa forma intensa che non ho mai conosciuto… ma in fondo loro sono il mio riscatto…

6. Siamo rimasti affascinati dai tratti lievi, precisi ed intensi con cui ha saputo dipingere Dorothy, una delle tracce del suo album “Comincerò a Parlare”. Nella canzone si parla di regole come un labirinto, di un approccio quasi faticoso all’altro. Adesso che le regole sono al di fuori di noi, sono per forza di cose imposte, come potrebbe essere la vita delle tante Dorothy che popolano le nostre città?

Dorothy è il nome inventato di una ragazza realmente esistita che ho voluto eternizzare nella sua giovinezza e creatività… è mancata molto giovane e il suo racconto mi ha ispirato per scrivere una canzone che fosse dolce ma intensa nel messaggio e nella melodia, che potesse rimanere nel cuore delle persone al primo ascolto, anche se so che il mio modo di scrivere ha spesso bisogno di 2 ascolti… e mi piace che anche sia così. Dorothy rappresenta i sogni, le paure, le emozioni, i desideri e la rabbia di tante donne che sicuramente in questo momento storico si ritrovano rinchiuse in una piccola cella piene di attese e di speranze ma sostanzialmente innocenti, dedite e piene d’amore per la vita.

7. Come artista, quali sono i suoi timori rispetto al prossimo futuro? Si sarebbe aspettata una attenzione diversa per la musica, con particolare riferimento proprio all’arte di strada?

Ho ricominciato timidamente a suonare come artista di strada proprio ieri, 23 maggio 2020, in una piccola città montana che adoro: Schio. Mi ha accolta e protetta, è stato come tornare a casa di corsa dopo un forte temporale… la ripartenza è stata come ritrovare un amore che mi aveva lasciata sospesa… sono pronta a rimettermi in gioco con una consapevolezza diversa, con una speranza e una missione chiara, sincera… allietare, rassicurare, ricordare la meraviglia, consolare le menti le anime affrante da tutto ciò che stiamo vivendo e che andremo a vivere… non voglio avere paura, ho un alleata fortissima con me, che non si stanca, che non si pente, che non abbandona…

Fotografia di Martina Dinato

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