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Someone Somewhere

Un uomo ed una donna, Parigi. Due vite vicine: a pochi metri l’una dall’altro dormono, mangiano, trascorrono le loro solitudini davanti agli schermi dei loro dispositivi per l’interconnessione.  Il loro unico e stabile momento di interazione è rappresentato dal lavoro ed il motivo di questa quotidianità ormai piuttosto frequente è da ricercarsi anche al di là delle ragioni sociali. Ce lo suggerisce l’opera di Klapish, una anti-commedia-romantica che utilizza l’incontro non come inizio di una storia da raccontare ma come (…)

Meditazione: un sedativo capitalisticamente utile?

Recentemente mi sono imbattuto in questo articolo, in inglese, che ho trovato in qualche modo consonante a quanto avevo sostenuto nella introduzione alla mia ultima tesi di laurea, dalla quale ho estrapolato una breve riflessione, pubblicata su questo blog qualche giorno fa. In particolare, nello scritto non mio, era riportata una frase di Slavoj Žižek, filosofo sloveno, il quale afferma che “l’atteggiamento meditativo del ‘Buddhismo Occidentale’ è con ogni probabilità il modo per noi più efficiente di partecipare pienamente alle (…)

Nessuno è estraneo

Per quanto possa essere curiosa, questa affermazione è vera e lo è in un senso così profondo e radicale da far tremare il nostro modo di percepire, a patto di essere compresa davvero, completamente e di permetterle di invadere ogni ambito del nostro conoscere. Ogni parte della realtà è in relazione con le altre e quindi ogni nostro gesto, che lo desideriamo o meno, è profondamente, intensamente collegato a ciò che ci circonda: l’aria che respiriamo è già stata respirata (…)

Per contare davvero qualcosa.

Stiamo vivendo un periodo piuttosto complesso a livello planetario. Non stiamo parlando di virus, ma di politica e di ambiente. Vecchie ferite si riaprono e nuovi conflitti si manifestano. Incendi e devastazioni di vario genere, più o meno tutti in grado di annoverare l’uomo tra le loro cause, si presentano ai nostri occhi. Cosa possiamo fare? Poco. Nulla in molti casi. Possiamo pensare di firmare una petizione, di inviare una email: per molti di noi, privi dei mezzi economici per (…)

È normale perché lo fanno tutti.

Normalità e consuetudine sono termini finemente intrecciati. Tutto ciò che nel nostro comportamento è “normale” solitamente corrisponde alla “consuetudine” e viceversa. Un tempo era accettabile picchiare i bambini, usare un orologio da taschino, fumare a teatro. Il confine del socialmente accettabile ha mano a mano, in ogni società, cultura ed epoca, modificato le sue linee, smussato i suoi angoli. Sempre “in meglio”? È difficile rispondere: a volte un “meglio” ed un “peggio” sono manifesti, soprattutto se coinvolgono la sofferenza od (…)

Parole per ottenere

In questa delicata fase delle nostre vite (ammesso che sia solo tale e che non diventi la nuova norma) assistiamo a quello che sembra un utilizzo strumentale delle parole. Certo, quando mai l’utilizzo dei termini non è “strumentale”? Il linguaggio d’altra parte è un mezzo per comunicare. A volte però diviene più spiccatamente un modo per “far fare” qualcosa ad un altro, precisamente al nostro interlocutore. Se una persona si ammala, spesso si dice che sta “combattendo” la malattia, che (…)

Le parti del tutto

La nostra società è un meccanismo complesso, enorme, per certi versi davvero straordinario. In questi giorni è sembrato vacillare e si è così paventato il ritorno di un passato (ormai per molti solo immaginato e mai vissuto) di carestia, di malattia. La società è forse qualcosa la cui esistenza diamo quasi per “scontata”, è solitamente solida, potente, magari spesso la riteniamo ingiusta, migliorabile. La società somiglia ad una costruzione umana contro l’insicurezza. Serve ad ordinare, a tenere accanto ciò che (…)