Meditazione: un sedativo capitalisticamente utile?

Meditazione: un sedativo capitalisticamente utile?

Recentemente mi sono imbattuto in questo articolo, in inglese, che ho trovato in qualche modo consonante a quanto avevo sostenuto nella introduzione alla mia ultima tesi di laurea, dalla quale ho estrapolato una breve riflessione, pubblicata su questo blog qualche giorno fa. In particolare, nello scritto non mio, era riportata una frase di Slavoj Žižek, filosofo sloveno, il quale afferma che “l’atteggiamento meditativo del ‘Buddhismo Occidentale’ è con ogni probabilità il modo per noi più efficiente di partecipare pienamente alle dinamiche capitalistiche pur conservando una parvenza di sanità mentale1“.

Non è necessario citare i tanti corsi di tecniche di meditazione che affollano con le loro promesse ogni mezzo di informazione, è chiaro a tutti come in questa fase della storia umana sembra sia divenuto necessario “rilassarsi” e divenire “resilienti”. Le ragioni sono note a tutti: incertezza rispetto alla propria occupazione, necessità di adattarsi a repentini cambiamenti nell’ambiente di lavoro, di mansione, città ed a volte persino nazione e poi mancanza di sicurezza, prospettive, senso di vuoto, difficoltà nei rapporti interpersonali, aspettative, timori… l’elenco potrebbe non avere una conclusione prossima.

Meno ovvio è invece il fatto che le citate “tecniche di meditazione” vengano utilizzate e declinate per assecondare quella che è divenuta una società molto distante dalla dimensione umana e sempre più accomodante e prossima rispetto alle esigenze del capitale. I grandi spostamenti di masse umane non specializzate, le richieste di mobilità veicolate a lavoratori ad alta professionalità e comunque sottopagati, la ricerca ossessiva da parte dei governi della ricetta più idonea per giungere alla tanto osannata “flessibilità” (decantata come un valore, anche per gli operai e gli impiegati), l’abbandono del piacere di una professione in luogo del “farla fruttare”, quotidiani che presentano come “obsoleta” l’idea di possedere una casa… sono tutti sintomi di questo processo, ormai in essere e di complessa gestione.

Ad arricchire lo scenario, giunge la meditazione: come un balsamo, un momento di relax, una cura, un modo per diventare ancora più morbidi nei confronti della vita, più (di nuovo) “resilienti”. Se la meditazione è questo, allora non meditate: vi stanno togliendo il pianto e la rabbia perché in questo modo siate ancora più controllabili, malleabili, in una parola: sottomessi. Tacitare le emozioni, sopprimere gli impulsi, silenziare la protesta è qualcosa di molto simile ad una pratica farmacologica, ad una sedazione di massa.

Chi vi insegna a calmarvi dinanzi ad una ingiustizia ed a non reagire, chi vi insegna ad evitare lo scontro quando questo si fa necessario ed a restare calmi quando non è il caso di farlo, non è un maestro di meditazione, ma un elemento portante del sistema sociopolitico, avente la funzione di “rasserenare” il popolo in seguito al nervosismo causato dalle decisioni “impopolari ma necessarie” o comunque vengano chiamate in questo periodo storico le prese di posizione lontano dall’essere umano e spaventosamente inclini al mercato.

La meditazione, e con questa parola intendo una sola meditazione, cioè quella non orientata alla riduzione dello stress ed alla massimizzazione della felicità o di qualunque altra cosa, non è stata concepita per sedare, ma per vedere.

Vedere significa prima di tutto togliere gli impedimenti e guadagnare, di nuovo o per la prima volta, la possibilità della conoscenza. Accogliere informazioni, comprenderle, valutarle, agire. La meditazione è una non-azione ma, sommamente, prepara all’azione. Significa che si dovrà per forza agire? No. Ma avrete avuto almeno la ventura di comprendere che, se state male, la colpa non è vostra e, di questi tempi, non si tratta di qualcosa di scontato.

1La traduzione è mia, mentre l’originale inglese recita: “The ‘Western Buddhist’ meditative stance is arguably the most efficient way for us to fully participate in capitalist dynamics while retaining the appearance of mental sanity”.

Foto di Usman Yousaf, su Unsplash.com

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